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Haiti. Dopo il terremoto, il dramma dei bambini soli

by redazione

Essere bambini non è mai stato facile né sicuro ad Haiti, il paese con tassi record di povertà e mortalità infantile. Il terremoto ha reso orfani tantissimi bambini, moltiplicando il rischio di traffici illeciti già in corso prima della tragedia. L’intervento del direttore generale di Unicef Italia.

Erano già «figli di un Dio minore» i 50.000 bambini di Haiti che prima del terremoto vivevano in istituto e i 50.000 ragazzini orfani di entrambi i genitori, i 4.000 bambini di strada, i 200.000 disabili: un esercito di dimenticati.

Molti di loro non ce l’hanno fatta. Per altri, nelle prime settimane, abbiamo gioito dei miracoli che li hanno riportati alla luce. A ricordarci forse che nella speranza c’è sempre spazio per una storia da ricomporre.
Ma tutti sappiamo che non basta far sopravvivere i bambini di Haiti estratti dalle macerie. Molti hanno subito ferite profonde nel corpo e nell’anima, e tanti sono rimasti soli, se già non lo erano.

Bambini fantasma. Insieme ai primissimi soccorsi, la riunificazione familiare è infatti uno degli interventi più importanti dell’Unicef durante le emergenze. Seppure con le migliori intenzioni, spesso si pensa che aiutare i bambini significhi portarli via, magari dall’altra parte del pianeta dove tutto è più sicuro. Di qui una «corsa alle adozioni» non di rado amplificata dai media, ma che raramente produce effetti concreti. L’esperienza dimostra che l’adozione non può essere la prima soluzione da perseguire quando ce ne sono altre possibili e meno traumatiche dal punto di vista affettivo. Soprattutto quando mancano le condizioni di sicurezza e legalità su cui il delicato istituto dell’adozione deve necessariamente fondarsi. In situazioni caotiche come quelle post-terremoto ad Haiti possono passare anche molte settimane prima che le famiglie riescano a ritrovarsi.

Famiglie da ricomporre. Qualunque bambino ha bisogno dei suoi genitori prima di tutto e ha diritto a ritrovare qualcuno della sua famiglia che se ne prenda cura, quando i suoi parenti più stretti sono scomparsi. Non è un’operazione facile, ma i programmi di ricongiungimento familiare che l’Unicef con altri partner ha già realizzato in passato si sono rivelati efficaci. In Ruanda durante il genocidio del 1994 e poi in Sudan, Sierra Leone e nell’area balcanica. I bambini che rimangono soli sono ospitati nei centri di accoglienza (allestiti immediatamente dall’Unicef). Qui vengono fotografati e le loro foto mostrate – sotto l’attenta sorveglianza di operatori che hanno in cura i bambini – alle famiglie che denunciano la scomparsa dei loro figli. L’efficacia di questa strategia ci ha spinto a ripeterla anche a seguito dello tsunami del 2004 che ha investito il Sud-Est asiatico. Un grande problema del paese è il traffico di esseri umani: si stima che ad Haiti almeno 2.000 bambini ogni anno siano vittime della tratta.

Purtroppo non è difficile far sparire un bambino in un paese in cui solo una piccola percentuale di minori viene registrata alla nascita. Se a questo si aggiunge che, dopo i cicloni del 2008 e altri disastri naturali, gran parte dei certificati di nascita sono andati perduti, il rischio che i bambini siano sfruttati e trasferiti illecitamente diventa, in questo momento, estremamente insidioso.

Per questo l’Unicef, già poche ore dopo il terremoto, ha denunciato il rischio di possibili sparizioni di bambini e, in collaborazione con il governo haitiano, ha subito iniziato a lavorare per rafforzare tutti i sistemi di protezione per prevenire i trasferimenti di minori all’estero senza adeguata documentazione, in particolare nei luoghi di partenza dal paese, come l’aeroporto. L’Unicef ha finora visitato in tutto il paese 488 orfanotrofi o istituti, dove sono stati registrati 30.000 bambini, per i quali è in corso la valutazione dei bisogni esistenti e la distribuzione di integratori alimentari, medicine, cibi e attrezzature. L’obiettivo prioritario rimane censire i bambini rimasti soli, garantire loro assistenza e avviare le procedure di ricerca e riunificazione familiare, formare e informare gli operatori sanitari e sociali presenti nei siti perché controllino le credenziali di chiunque porti via i bambini e segnalino i casi a rischio. L’Unicef, in collaborazione con Save the children e altre ong, ha allestito sinora 80 «spazi sicuri», punti di prima accoglienza che offrono assistenza sanitaria e nutrizionale e sostegno psico-sociale a oltre 55.000 bambini (oltre 600 bambini a centro al giorno, in diversi turni).

Il peggiore terremoto che si sia mai verificato nell’emisfero occidentale si è abbattuto su un paese che in quell’area registrava già i più alti tassi di mortalità infantile e materna. Bambini e madri sui quali catastrofi, povertà e dolori si avvicendano da sempre senza soluzione di continuità.
Noi siamo ogni giorno dalla parte dei bambini e lavoreremo perché ogni cosa torni ostinatamente a rinascere. A dispetto di tutto.

Roberto Salvan

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