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Il papa ed i popoli dimenticati

by redazione

di Patrizia Larese

“No es meno raro el hecho de que se hable siempre del territorio y no de los habitantes , como si la nieve y la arena fueran más reales que los seres humanos”. (Jorge Louis Borges, Clarin[1], 1982)

“Ė singolare il fatto che si parli sempre del territorio e non dei suoi abitanti, come se la neve e la sabbia fossero più reali degli esseri umani.” (Jorge Louis Borges, Clarin, 1982)

Sulla Terra vivono Popoli dimenticati di cui si parla soltanto quando accade qualcosa di eclatante e dopo il grosso clamore dell’evento sono irrimediabilmente destinati a far ritorno nelle nebbie dell’oblio.

Il recente viaggio del Papa in Cile e Perù ha portato all’attenzione dei media e dell’opinione pubblica internazionale la realtà di alcuni popoli indigeni, come i Mapuche ed i popoli dell’Amazzonia, che continuano a fare i conti con un passato doloroso e cercano di costruire, tra mille difficoltà e contraddizioni, un futuro di pace e di relativo benessere.

Cile

Le aeree rurali del Cile sono tra le più povere, in particolare quelle abitate dai nativi dove il 43 – 44% della popolazione vive in condizioni di estrema indigenza con gravi carenze di infrastrutture: da quelle scolastiche a quelle mediche ai trasporti. Per queste persone non esiste accesso né all’acqua potabile né all’energia elettrica. I popoli originari subiscono maggiormente la disuguaglianza economica e la crescita non equilibrata. Ciò avviene in tutti i Paesi dell’America Latina, è un retaggio non risolto dell’eredità coloniale e della costituzione di Stati nazionali fondati non su un’ampia partecipazione ma su un controllo molto forte di élite politiche che, in Perù in particolare, hanno dato prova di notevole corruzione.

Il conflitto dei popoli indigeni, sia in Cile sia in Argentina, è uno scontro che dura da più di un secolo. Gli incendi di alcune chiese e di alcuni templi evangelici hanno richiamato l’attenzione sui problemi delle popolazioni native. Gli attacchi compiuti prima dell’arrivo del Pontefice non sono stati rivendicati ufficialmente.

Le comunità mapuche sono perseguitate da anni secondo leggi governative molto dure, come la legge antiterrorismo cilena che risale ai tempi di Pinochet. Negli ultimi decenni diversi leader delle comunità indigene sono stati arrestati con l’accusa di terrorismo e detenuti in carcere.

Mauro Castagnaro, giornalista e scrittore esperto di America Latina, in un’intervista ha dichiarato[2]: “Sia il Cile sia l’Argentina si considerano Paesi “bianchi”, si vedono come una propaggine dell’Europa in America Latina, in particolare gli argentini. Sono Stati che ancora non hanno fatto i conti con una realtà plurinazionale e plurietnica. Nel Paese esistono elementi di radicalismo che portano a compiere gesti che, in qualche modo, esprimono una visibilità da parte delle popolazioni native. Questo è il risultato dell’incapacità dei governi democratici di dialogare con i popoli indigeni.

Nel momento in cui il modello economico si fonda sull’estrazione delle risorse naturali e sulla loro esportazione, ciò avviene in tutta l’America Latina, è chiaro che i conflitti assumono una dimensione non solo sociale ma anche ambientale molto preoccupante. Questo modello di sviluppo basato sullo sfruttamento massiccio delle risorse naturali, inevitabilmente va a impattare sulle comunità indigene che storicamente hanno convissuto e vissuto dentro le zone rurali, nelle foreste, nelle praterie e che sono state in grado di gestire la relazione con la natura in maniera più armonica. Il modello economico dell’uomo bianco mette in discussione l’esistenza stessa delle comunità indigene. La diversità etnica-culturale ed anche religiosa degli Indios è una delle ricchezze peculiari del Sud America.

Le vittime delle lotte per la salvaguardia dell’habitat sono spesso ecologisti, leader sociali e comunitari che hanno dato la vita per difendere l’ambiente. Ormai l’elenco dei “martiri” è ampio, eventi tragici di questo tipo si sono verificati in tutta l’America Latina. Occorre citare suor Dorothy Stang, una suora missionaria statunitense settantatreenne, uccisa nel 2005 in Brasile, con 6 colpi di pistola da un killer, mentre cercava di difendere una riserva naturale in piena foresta amazzonica. La sua morte ha attirato per qualche giorno l’attenzione del mondo.

Ha fatto molto scalpore l’assassinio in Honduras nel 2016 di Berta Caceres, leader del popolo indigeno Lenca, che si batteva contro la diga idroelettrica di Agua Zarca. In Guatemala nello stesso anno la morte di Walter Méndez Barrios, difensore della foresta dalle dighe alle piantagioni di olio di palma nella regione del Petén. In Messico Ildefonso Zamora Baldomero, leader della comunità indigena Tlahuica di San Juan Atzingo, una località a ottocento chilometri dalla capitale Città del Messico, morto per la difesa delle foreste. In Brasile nel 2015 è stato assassinato Raimundo Dos Santos Rodrigues mentre lottava contro la deforestazione illegale nella regione del Maranhão. Gli esempi purtroppo sono molteplici.

La fatica del dialogo, dell’inculturazione è propria non solo delle chiese evangeliche, che hanno una certa penetrazione nell’Araucanía, ma anche della Chiesa cattolica che, in qualche modo, è stata, prima del Concilio Vaticano Secondo, dentro lo schema coloniale. Dopo il Concilio ha continuato a mostrare una certa difficoltà di relazionarsi con la spiritualità delle religioni autoctone.

Queste complessità, che il Papa ha compreso bene, sono venute fuori dal suo discorso a Puerto Maldonado. È stato un momento particolarmente felice nel viaggio difficile ed insidioso di Francesco in Cile.”

 

I Mapuche sono i diretti discendenti degli aborigeni dell’America del Sud che vivevano in queste terre prima dell’arrivo dei conquistatori europei. Mapuche significa “Popolo della Terra”, è composto dalle parole “Mapu”: Terra e “Che”: Uomo, in lingua Mapudungun, la lingua dei Mapuche. In Cile i Mapuche vengono chiamati anche Araucani dal nome della regione omonima. Parte della popolazione mapuche vive anche in Argentina.

A seguito di due campagne militari di conquista da parte degli europei, “la Pacificazione dell’Araucania (1860-1865 – Cile)” e “la Conquista del Deserto (1878-1885 – Argentina)”, queste popolazioni indigene furono massacrate e deportate al Nord e le loro terre confiscate a favore degli invasori.

Per decenni Mapuche è stata una parola offensiva e dispregiativa, sinonimo di persona analfabeta al servizio di cileni o argentini colti e ricchi. In altri momenti diventò una parola innominabile perché senza senso o avulsa dalla cultura dominante. Solo negli anni recenti l’espressione ha riacquistato una rilevante dignità e soprattutto è diventata sinonimo di una questione grave e importante, che sia la nazione cilena sia quella argentina non hanno ancora risolto.

Non esistono dati statistici certi sulla consistenza demografica di questi popoli e delle diverse etnie (Picunche, Mapuche, Kunkunche o Cuncos). Si stima che in Cile i nativi siano circa un milione e mezzo.

Il “conflitto mapuche”, in atto sia in Cile sia in Argentina, dove i nativi sono circa 500.000 ha risvolti storici, giuridici, economici e culturali e il suo nocciolo resta immutato dal XIX secolo: la rivendicazione dei popoli mapuche delle loro terre, che ritengono siano state espropriate con la forza a seguito delle due campagne genocidarie.

 

Luis Badilla Morales, giornalista e scrittore cileno,[3] in un’intervista[4] ha affermato: “Sia il Cile sia l’Argentina si ostinano a negare gli eventi storici ed il loro comportamento nei confronti di queste popolazioni native assume i toni di una vera e propria occupazione. Poco a poco le richieste dei nativi si sono un po’ articolate in modo abbastanza significativo ed ultimamente hanno presentato un’altra rivendicazione, vogliono essere riconosciuti come Popolo. <<Noi non siamo cileni siamo un popolo diverso, siamo Mapuche. Occorre riconoscere che il Cile diventi una Stato binazionale, da una parte il Cile, una nazionalità creola, discendente dagli Spagnoli, dall’altra noi nativi mapuche.>>

Questo è il nocciolo del conflitto che si protrae da più di cento anni. Il Papa ha compreso molto bene le ragioni dei Mapuche e dei popoli dell’Amazzonia, per questo motivo con il Pontefice si è creata una grande sintonia. Per noi occidentali, uomini bianchi, la confisca di un bene materiale è un danno economico, per gli Indios l’esproprio della terra non è soltanto una privazione, ma un profondo oltraggio filosofico ed antropologico alla loro dignità. Privati della Terra si sentono degradati da esseri umani alla condizione di animali. I Nativi uniscono in modo ancestrale la loro esistenza alla Terra, togliendo loro la terra si toglie loro la vita, diventano dei morti viventi.

Il Papa in Cile ha trovato un Paese in conflitto con se stesso, devastato socialmente che presenta una grande iniquità sociale dove la macroeconomia è solo per pochi mentre la miseria è di molti. La crescita di uno Stato non si calcola in base al PIL. Nessuno dei problemi affrontati dal Papa in Cile è un problema di oggi. Tutto ha avuto inizio nei primi anni ’60 con il primo governo democristiano che non è riuscito, nonostante il suo richiamo al cristianesimo sociale e alla rivoluzione libertaria, a soddisfare i bisogni di cambiamento che aveva il popolo cileno. In seguito, il Paese è andato avanti con il periodo della sinistra con il presidente Allende, il golpe militare, la ferocia di Pinochet, e finalmente l’uscita dalla dittatura verso la democrazia ma, nonostante ciò, è rimasto devastato antropologicamente. Anche la Chiesa ha le sue responsabilità. Per questo oggi ci troviamo nel 2018 con un Paese smembrato politicamente, ecclesialmente e socialmente.”

 

Argentina

In Argentina i Mapuche si trovano a dover affrontare gli stessi problemi. Anche in questo Paese i nativi rivendicano le terre ancestrali prima confiscate dal neo governo argentino e poi vendute a latifondisti europei e statunitensi. La famiglia Benetton è il maggior latifondista straniero in Argentina con un possedimento di quasi un milione di ettari, un territorio equivalente alla nostra Umbria, acquistato nel 1994 per soli 50 milioni di dollari.

Per quanto riguarda il problema della rivendicazione dei territori ancestrali, nel luglio 2017 è stato elaborato “un protocollo per un processo di riparazione adeguata nei confronti dei popoli indigeni, vittime di crimini di lesa umanità, genocidio, tortura e deportazioni forzate”.

L’avvocato argentino Fernando Kosovsky ha presentato una richiesta agli esperti dei Diritti dei Popoli Indigeni del Consiglio dei Diritti umani dell’ONU a Ginevra.

Direttore per la Patagonia argentina del Gruppo di Appoggio Giuridico per l’Accesso alla Terra (Grupo de Apoyo Jurídico por el Acceso a la Tierra – GAJAT), l’avvocato Kosovsky ha denunciato “il genocidio statale contro il popolo Mapuche”, ed ha sollecitato “riparazioni” da parte dello Stato. Ha avuto una riunione con la Relatrice dell’ONU sui Diritti dei Paesi Indigeni, la filippina Victoria Taupi-Corpuz, alla quale si è rivolto affinché esiga che il governo argentino del Presidente Mauricio Macri, prenda misure urgenti perché i popoli nativi abbiano giustizia e vengano riconosciuti i territori rivendicati, secondo la Legge Nazionale di Emergenza Indigena (Nº 26.160) del 2006 che non è stata applicata.

La situazione si starebbe aggravando per i “numerosi sgombri, anche violenti” da parte del governo e per “l’abbandono dei tavoli di dialogo e di consultazione” per mettere in atto azioni violente di repressione. Kosovsky ha sottolineato che i leader indigeni sono stati criminalizzati ed ingiustamente imprigionati come Agustín Santillán del villaggio Qom presso Formosa, e il lonko[5] mapuche Jones Huala di Rio Negro nella regione del Chubut.

Kosovsky ha riferito che, nella provincia di Misiones, l’8 luglio 2017, funzionari del Municipio di San Ignacio, hanno spogliato la Comunità Guaraní Tekoa Kokuere’i, della loro abitazione tradizionale nel Lotto 23 di Montecito, distruggendo ed incendiando 5 alloggi e sgombrando con la forza 30 indigeni tra cui 10 bambini, 3 donne, 1 anziana, con minacce di morte, tramite machete e motoseghe, e tagliando rifornimenti di luce ed acqua.

A fianco dei popoli indigeni si impegna costantemente il Premio Nobel per la Pace, Adolfo Pérez Esquivel, presidente della Commissione per la Memoria della Provincia (CPM Comisión Provincial por la Memoria) di Buenos Aires. Perez Esquivel ha partecipato a udienze nei tribunali a favore dei popoli Nativi (vedi la causa contro il lonko Facundo Huala ad Esquel) ed è stato sempre attivo e presente durante la sparizione di Santiago Maldonado, il giovane attivista che manifestava a favore dei Mapuche, trovato morto dopo 28 giorni dalla sua scomparsa.

Il Premio Nobel ha ribadito ripetutamente che i Mapuche chiedono che le leggi emanate dai governi cileno ed argentino e dalle organizzazioni internazionali in difesa dei diritti dei popoli nativi siano rispettate e messe in pratica e che non restino soltanto belle parole e meri discorsi accademici.

 

Fonti:

 

  1. http://www.raiplayradio.it/audio/2018/01/quotDialoghiquot–quotPopoli-dimenticatiquot–Con-Anna-Pozzi-Carmen-Rosario-Luis-Badilla-Morales-Mauro-Castagnaro-241c57af-e44e-4545-83f3-b46e3d155b10.html
  2. http://www.juangasparini.com/noticias/pidieron-en-la-onu-reconocimiento-que-se-cometio-genocidio-contra-indigenas-argentinos/
  3. https://www.ictj.org/es/news/genocidio-mapuche-argentina
  4. https://agensir.it/quotidiano/2018/1/19/papa-in-peru-a-puerto-maldonado-oggi-pomeriggio-la-prima-riunione-presinodale-per-il-sinodo-sullamazzonia-plasmare-una-chiesa-dal-volto-indigeno/
  5. https://comune-info.net/2016/09/facundo-huala-torna-liberta/
  6. https://comune-info.net/2016/07/filo-lana-quello-spinato/
  7. https://www.cronista.com/economiapolitica/Perez-Esquivel-En-muchas-cuestiones-se-esta-violando-el-Estado-de-Derecho-20170808-0082.html
  8. http://www.diariojornada.com.ar/168462/politica/jones_huala/
  9. https://ilmanifesto.it/la-resistenza-al-latifondista-benetton/

 

 

 

[1] Giornale argentino http://www.clarin.com/;

[2] Radio 3 trasmissione “Uomini e Profeti” del gennaio 2018 http://www.raiplayradio.it/audio/2018/01/quotDialoghiquot–quotPopoli-dimenticatiquot–Con-Anna-Pozzi-Carmen-Rosario-Luis-Badilla-Morales-Mauro-Castagnaro-241c57af-e44e-4545-83f3-b46e3d155b10.html

[3] Luis Badilla Morales da molti anni vive in Italia, è responsabile del blog “Il sismografo”, è stato ministro della cultura nel governo Allende, esule a causa della dittatura di Pinochet;

[4] Radio 3 trasmissione “Uomini e Profeti” del 201 gennaio 2018 http://www.raiplayradio.it/audio/2018/01/quotDialoghiquot–quotPopoli-dimenticatiquot–Con-Anna-Pozzi-Carmen-Rosario-Luis-Badilla-Morales-Mauro-Castagnaro-241c57af-e44e-4545-83f3-b46e3d155b10.html

[5] leader politico e religioso della comunità mapuche

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