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Giornata del dialogo cristiano-islamico. Riscoprire le radici comuni di pace

by redazione

di Michele Lipori

Si è tenuta il 27 ottobre, come ogni anno, la Giornata del dialogo cristiano-islamico. «Islam e cristianesimo – si leggeva nell’appello per la XIV edizione – sono religioni di pace. E per costruire un mondo di pace c’è bisogno che le due religioni mondiali maggioritarie sappiano riscoprire le comuni radici di pace in tutte le loro molteplici declinazioni».

«Cristiani e musulmani: dall’accoglienza alla convivenza pacifica», questo il tema scelto per la XIV Giornata del dialogo cristiano-islamico che, come di consueto, si costituisce di diversi eventi, incontri, dibattiti e conferenze al fine di sensibilizzare l’opinione pubblica ai temi del dialogo interreligioso. In particolare, in un momento storico sempre più caratterizzato dalla paura e il sospetto nei confronti dell’«altro» i media hanno il dovere di rendere un servizio ai cittadini, fornendo degli strumenti di conoscenza che vadano oltre facili stereotipi e stigmatizzazioni. Nell’appello redatto dal comitato organizzatore della giornata nazionale (www.ildialogo.org) si legge: «Cristiani e musulmani, lo diciamo da sempre, hanno profonde radici comuni. […] Islam e cristianesimo sono religioni di pace. […] Quest’anno vogliamo indicare alle comunità cristiane quelle dell’accoglienza dello straniero, del rifugiato, dell’aiuto ai poveri, agli ultimi della società, per costruire la convivenza pacifica».

A dare il via alle numerose iniziative della Giornata, un incontro organizzato il 27 ottobre da Confronti alla Facoltà valdese di teologia di Roma, con esponenti del mondo politico e religioso italiano. Ricordiamo Anna Nardini della Presidenza del Consiglio e Giovanna Iurato del Ministero dell’Interno, insieme a Letizia Tomassone (Fcei), Izzeddin Elzir (Ucoii), don Cristiano Bettega (Cei), Omar Camiletti (Grande moschea di Roma), Chiara Ferrero (Coreis), Marianita Montresor (Sae), Giovanni Sarubbi (Il Dialogo), Luigi De Salvia (Religioni per la pace), Roberto Catalano (Movimento dei Focolari), Massimo Cozzolino (Confederazione islamica italiana) e Cenap Aydin (Istituto Tevere), moderati da Claudio Paravati, direttore di Confronti.

Durante le sessioni di dibattito, molti sono stati i punti di riflessione sul tema proposto. Ricordiamo alcune delle dichiarazioni. Ricordando anche alcuni punti fondamentali della dichiarazione conciliare Nostra Aetate, Aydin ha affermato «È arrivato il momento per costruire una società che sia basata sui diritti umani e le libertà fondamentali». E ancora: «È la Costituzione la nostra casa comune e siamo chiamati a costruire qui questa casa comune, insieme ai nostri fratelli di altre religioni e anche a chi non si riconosce in alcuna confessione di fede; l’islam non si deve limitare ad essere pacifica sul territorio italiano, ma deve essere d’esempio per tutta l’Europa». Catalano ha posto l’accento sul fatto che «parlando di immigrazione, ci sono molti paesi musulmani che già da molti anni accolgono migranti in percentuali nettamente superiori alle nostre. Questi paesi, di fatto, stanno insegnando all’Occidente l’accoglienza ai migranti. Inoltre, ed è bene ricordarlo, molte migrazioni sono il risultato della politica dei nostri paesi occidentali».

Camiletti ha altresì ricordato su quanto sia «necessario prendere atto della difficoltà della condizione attuale e rivolgerci all’esterno per far fronte alla paura che serpeggia in tutti gli strati della società, soprattutto per quanto riguarda i fondamentalismi. Il rischio della polarizzazione è infatti, altissimo». Cozzolino ha invece posto l’accento sulla «gioia del dialogo», che deve essere ribadita soprattutto in un momento delicato come quello che stiamo vivendo, ricordando però come sia anche «necessario porsi su un piano più alto di questo dialogo, che deve accomunare tutti i credenti e fornire un contributo, da un punto di vista religioso, alla società, soprattutto su temi come l’accoglienza intesa non come assimilazione ma vero dialogo, da esercitarsi soprattutto nello spazio pubblico della società».

Sarubbi, ricordando che la Giornata ha avuto inizio dopo i fatti tragici dell’11 settembre 2001 e le ancor più tragiche conseguenze, ha dichiarato che «il problema più grande che stiamo affrontando da allora è la guerra e la disinformazione che si genera per giustificare la guerra». E ancora, per evitare che la religione venga dunque strumentalizzata per fini economici e di potere e passare alla convivenza pacifica, c’è bisogno di «promuovere l’incontro dal basso fra le persone, nello spirito promosso dalla Giornata», ma anche di «teologi che parlino di pace e siano per il dialogo e non per l’innalzamento di muri fra le diverse confessioni»; e infine «c’è bisogno che le istituzioni si impegnino a rafforzare la società civile, perché il dialogo non può non avvenire nello spazio comune».

(pubblicato su Confronti di dicembre 2015)

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